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L’OCCUPAZIONE FEMMINILE: QUANTO STA INFLUENDO LA PANDEMIA?

L’impatto del Covid ha influenzato totalmente la nostra vita privata e lavorativa.
Il tasso di disoccupazione in Italia continua, ma purtroppo non in egual misura tra uomini e donne.
Il 72,4% della forza lavoro tornata operativa dal 4 maggio 2020 è di sesso maschile, quindi il lockdown ha portato ad un impatto negativo soprattutto per le lavoratrici come conferma quanto emerso dai dati ISTAT; in generale la disoccupazione è cresciuta dell’1,2%, arrivando al 7,8%.
Degli 84 mila posti di lavoro in meno, circa l’80% erano occupati da donne che, allo stesso tempo, sono anche quelle che cercano un nuovo impiego: delle 307mila persone che cercavano un lavoro nel mese di maggio 2020, 227mila sono di sesso femminile.
Il problema occupazionale delle donne è da sempre evidente, il Covid non ha certamente facilitato il loro inserimento nel mondo lavorativo ma anzi, ha messo ancora più in risalto la condizione occupazionale che già prima era chiara ed evidente.
Bisogna però riconoscere alcuni aspetti positivi riguardanti l’Italia rispetto agli altri paesi UE: a parità di mansione svolta e ruolo ricoperto, la differenza economica (di stipendio) tra uomo e donna è “solamente” del 6% contro una media del 15,6%, questo è frutto dell’alto livello di istruzione delle lavoratrici italiane.
Purtroppo però, il sesso femminile è penalizzato quando si tratta di “essere madri”: chi ha un bambino impiega fino a 15 anni per tornare al livello retributivo pre-maternità e a parità di ruolo/mansione hanno in generale un compenso economico minore rispetto alle altre colleghe.
Nel 2008 la crisi economica colpì soprattutto gli uomini perché i settori che ne risentirono furono soprattutto quello edilizio e manifatturiero, mentre invece la pandemia odierna ha rappresentato un’eccezione; il settore terziario in particolare è rimasto decisamente bloccato.
A tutto questo, deve aggiungersi il “pregiudizio” infondato che sia la donna a doversi occupare della cura della famiglia e che quindi, l’immagine di donna-in-carriera, non sia davvero conciliante con la vita privata.
📌 Tre le tipologie di rapporti di lavoro incentivate:
- assunzioni a tempo determinato;
- assunzioni a tempo indeterminato;
- trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato.
L’incentivo spetta anche in caso di part-time e per i rapporti di lavoro subordinato instaurati in attuazione del vincolo associativo stretto con una cooperativa di lavoro e con riferimento ai rapporti di lavoro a scopo di somministrazione sia per le assunzioni a tempo indeterminato che determinato.
🔍 Quanto vale l'esonero contributivo
L'agevolazione è pari, ferma restando l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche, all’esonero dal versamento del 100 per cento dei complessivi contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro, nel limite massimo di importo pari a 6.000 euro annui. Nelle ipotesi di rapporti di lavoro a tempo parziale, il massimale dell’agevolazione deve essere proporzionalmente ridotto.
Con riferimento alla durata del periodo agevolato, l'INPS chiarisce che, l’incentivo spetta fino a 12 mesi in caso di assunzione a tempo determinato, mentre in caso di assunzione a tempo indeterminato spetta per 18 mesi. In caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato, è riconosciuto per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di assunzione e in caso di proroga del rapporto fino al limite complessivo di 12 mesi.
Lo sgravio è cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, nei limiti della contribuzione previdenziale dovuta e a condizione che per gli altri esoneri non sia espressamente previsto un divieto di cumulo con altri regimi.